Peter Handke

“Per le anime meno fortunate, il calcio può essere il solo contatto con l’estetica”


1942 | Biografia

La caviglia di Van Basten e il tallone di Achille


Giampiero Mughini
Cantami o diva del prode Totti l'ira funesta ...
Altro che libri di serie B. I maggiori scrittori, italiani e stranieri, hanno raccontato la moderna epopea del calcio, del ciclismo, della boxe. Dove si rinnovano i riti del coraggio. Mentre nella caviglia di Van Basten rivive il mito del tallone di Achille

"Panorama", 19 gennaio 2005

Maradona, uomo solo

di Jorge Valdano

Gli abbiamo detto tutto, tranne la verità. Lo abbiamo elogiato, adulato, adorato, lo abbiamo asceso al cielo e lui, quaggiù, tra la gente comune, ha cominciato ben presto a camminare con un passo diverso. Giocava, e a ogni tocco attirava migliaia di persone dalla sua parte perché realizzava il miracolo di farsi amiche l’emozione e lo stupore. Non faceva altro che giocare, ma intorno a lui accadevano cose serie.

Al mio paese c’è un bambino con gli anni di un uomo, al quale si riempiono gli occhi di lacrime ogni volta che lo ricorda col pallone tra i piedi. Comincia sempre allo stesso modo: "Vi ricordate quella giocata..." e poi snocciola il racconto minuzioso che conclude sempre allo stesso modo: "Mai più, abbiatene cura per favore, perché una cosa del genere non ci sarà mai più". Juan Manuel Lillo, un giovane allenatore della famiglia dei sognatori, me lo ha detto molte volte: "Io, per Maradona, ho pianto di felicità".

Giocava e saliva. Tremila gradini per il suo fisico simile ad una palla, cinquemila scalini per la sua tecnica millimetrica, un milione di scalini per le sue vicende appassionanti. Tutto talento. E saliva. Da quaggiù noi mortali lo spingevamo con parole incantate, che gli sussurravamo o, magari, gli scrivevamo, parole che gli dicevano tutto, meno la verità.

Era inevitabile. In fin dei conti non era colpa di nessuno se lui giocava come gli angeli e a tutti noi le parole fuggivano via per la troppa felicità, per l’emozione, in qualche modo per l’amore. E così è arrivato al cielo. Solo. Chi avrebbe potuto raggiungerlo un eroe così? Chi poteva trovare la forza di dirgli la verità? A lui così importante?

È stato un prodotto del consumo informativo e una certa stampa lo aveva capito immediatamente. Ne avevano bisogno per lo spettacolo quotidiano e se lui non poteva o non voleva, i cannibali lo facevano a pezzettini. Si sono mangiati prima la parte visibile, ma nel fondo di quella grande miniera d’oro che Diego rappresentava, hanno visto un dramma e vi hanno affondato i coltelli affilati per divorare tutto il meglio della sua dolorosa intimità. Mangiavano e vendevano tutto ciò che vomitavano. Una merce da vendere a caro prezzo nel bene e nel male. E così, i cercatori di uomini che gli rendevano omaggio ammirando stupiti il cielo che abitava, si scandalizzarono poi per i suoi occhi drogati, passarono agli antonimi e ci diedero dentro con rabbia dicendogli tutto, tranne la verità. Un Dio che era vincitore adorato o sacrificato, ma sempre sull'altare.

Cadde in un precipizio profondo e oscuro nel quale il dolore e la vergogna viaggiavano in teleconferenza, ritrasmessi in diretta, trasformando in spettacolo il suo teledolore e vendendolo, ovvio, a carissimo prezzo. O molto in alto o molto in basso, ma sempre celebre e irraggiungibile. Sempre solo. I suoi occhi, contaminati dalla gloria e ormai dal tramonto, avevano una luce di sfida, ma allo stesso tempo supplicavano qualcosa. Aiuto? Che cosa volevano i suoi occhi: fare la guerra al mondo o semplicemente un aiuto?

I mercanti non guardano negli occhi quando sono occupati coi loro conti. Si limitano a fare l’inventario. Cosa ci resta? Il nome di Maradona, un ricordo grandioso, un po’ del calciatore non importa se consumato, confuso, ferito. Ha ancora un mercato? Naturalmente. C’è sempre qualcuno orfano di un’illusione, malato di malinconia, sognatore. E allora, avanti. A loro non importava che ormai fosse un paziente, né che facesse parte del passato. Ne avevano bisogno, vendeva e così riuscirono a sedurlo con racconti che dicevano tutto, tranne la verità. In apparenza molti sapevano che la sua stessa vita era in pericolo, ma lo spettacolo doveva continuare e conveniva tacere. Adesso è arrivato un nuovo incrocio pericoloso e qualcuno deve gridargli che neanche per gli dèi c’è una strada di ritorno.

Un giorno Diego guarderà se stesso dall'incomparabile balcone della sua memoria. E ricorderà con calma la gente semplice che gli ha voluto bene, i leccapiedi che lo hanno usato, e anche i traditori che un momento l’hanno amato e il seguente lo hanno accoltellato. Questo è l’uomo. Tutti siamo più o meno così. Anche lui è così, più o meno, fuori dal campo, quando i fuochi si spengono. L’errore imperdonabile o inevitabile è non averlo aiutato ad accorgersene prima. Ma…i giornalisti? E l’amore della gente? E l’assedio da parte di tutti? E la sua confusione? E gli affari? Inevitabile, è stato inevitabile… Non c’è dubbio, avremmo dovuto dirgli tutta la verità: "Guarda Diego, giochi a pallone da Dio, ma sei soltanto un uomo".