Leggendarie partite


Marco Ballestracci
A pedate. 11 eroi e 11 leggendarie partite di calcio

"Moran si attenne strettamente alle istruzioni di Obdulio Varela. Raggiunse la palla diverse volte, rilanciata dal jefe negro Obdulio o da pata loca Julio Perez. Altrettante volte affrontò Augusto in dribbling e in alcune circostanze lo saltò, offrendo poi palla a Schiaffino o crossando per la deviazione acrobatica di Oscar Miguez. I duecentomila del Maracanà lo intimorirono solo all'inizio, ma, dopo un po', si accorse che Obdulio aveva ragione. Quei duecentomila non giocavano, urlavano e guardavano solamente".

Alcune tra le più combattute e clamorose sfide di calcio viste con gli occhi di chi ne è stato protagonista. Da Carletto Ceresoli nell'epico scontro Inghilterra-Italia del 1934, fino al Karl Heinz Schnellinger dell'altrettanto leggendario match Italia-Germania nel 1970. Grandi campioni, ma anche illustri sconosciuti e pagine indelebili della nostra storia.

Kraìna!

Tutto si è già sgretolato nella voragine nera della dimenticanza, chi mai si ricorda degli ultimi Campionati d’Europa, quelli targati Polonia-Ucraina? Eppure i baldi giovinotti d’italica razza secondi arrivarono, o no? Io pure, sventurato figlio di Mnemosyne non sfuggo all’oblio, alla dimenticanza. E fa un certo effetto ritrovare nel cassetto un raccontinello magro magro, che ormai non serve più, è scaduto come succede per i cibi. Ma io non voglio buttarlo via, magari a qualcuno potrà servire, almeno per sorridere di tanta ingenuità. Fate vobis: è a gratis, come si dice da noi.

Nonostante la delusione finale, con scoppola iberica, l’ultimo Campionato europeo qualche effetto positivo l’ha avuto, forse. A parte il deleterio interesse da parte di mogli-fidanzate-amanti che dopo averti insultato per l’intero anno quando ti sapevano allo stadio o davanti alla TV (in contemporanea c’era sempre un programma alternativo e per loro imperdibile e avendo un solo televisore ti odiavano a morte), ti si sono sedute accanto dolci dolci e carine, “ma solo quando gioca l’Italia cocco mio bello!” (meno male!!). Nessun problema, anzi. Anche se ciò ti impedisce di sdraiarti comodo comodo, gambe allungate canottiera e bibita d’ordinanza, nessun problema. Se non che ‘ste donne non sanno gioire e inveire coi tempi giusti, e purtroppo non sanno stare in silenzio e soprattutto intervengono nei momenti top con domandine semplici semplici del tipo “che ffigo quello, dove gioca, non l’ho mai visto”, così tu devi rispondere al volo la prima cazzata che ti viene in mente, purché credibile (il giorno dopo però si informano in internet e sono cazzi amari), ma non è sempre agevole rispondere sull'ultimo nazionale svedese o sugli inni nazionali (“ma quello tedesco è pari pari a quello nazista che ho sentito ieri, come si intitolava il film, sai quello con quell'attore, come si chiamava?”). La domandina più odiata dagli italiani maschi calciofili credo sia la solita, “scusa mi spiegheresti il fuorigioco?”. “Dopo”, di solito si risponde, ma ormai è finita, si è entrati nel tunnel e non se ne uscirà più vivi: “dopo quando? È dai Mondiali che me l’hai promesso…”. Appunto, ora concediamoci una pausa in attesa dei Mondiali …

Gli effetti positivi sono in genere sul piano, diciamo così, geografico, perché i campionati mondiali e quelli europei consentono un ripassino soprattutto dell’area mitteleuropea (“Noooo, non si chiama più Cecoslovacchia? Ma va, tu mi prendi in giro e mi credi scema!, dimmelo!” Risposta: “Scema”. Seguito: scenata con pianto e fuga – meno male!), o di quella balcanica, da sempre piuttosto ostica, per cui non è semplice rispondere al volo dove finisca esattamente l’Istria slovena o quella croata (“ma sì dai, non ti ricordi più? Ci siamo andati sei anni fa con Marione e Cinzia!”), soprattutto se nel frattempo l’Italia è passata in vantaggio su punizione di Pirlo. Solite sceneggiate di casa nostra, nihil novi sub sole direbbe il professor Padalocchi.

E invece qualcosa di nuovo l’ho visto coi miei occhi, l’ho ascoltato con le mie orecchie. Non so voi, ma io da buon fancazzista (scrivere non è un lavoro, si sa) girando per le piazze del mio natio borgo, spesso mi sono divertito ad osservare e ad ascoltare – senza capirci nulla, se no che gusto c’è? – i gruppetti di badanti che si ritrovavano e tuttora si riuniscono in posti fissi a orari fissi. Così so che posso trovare domenica pomeriggio le rumene e le moldave davanti alla Chiesa del Gesù, le polacche il giovedì di fronte alle scuole Tommaseo, le russe il martedì davanti all'Asilo Sant'Anna, le ucraine, che da noi sono le più numerose, ogni sabato davanti alla gelateria del Conte Rosso. Nei giorni degli Europei, le polacche e ancor di più le ucraine erano le più eccitate e discutevano di calcio (poco) e del loro paese (tanto) con un’insolita fierezza. Considerate spesso da noi (che non riusciamo a imparare una lingua slava neppure dopo trent'anni di studio e permanenza in loco) troglodite, venute da un paese povero e lontano per fare ciò che nessuno di noi farebbe mai, le ucraine sono state almeno per un giorno le più felici, dopo la vittoria sugli svedesi (che nella loro lingua confondono un po’ con gli svizzeri), Santo Sheva prega per noi!

Per fortuna non ci sono stati scontri fratricidi, con risse fra badanti ucraine e infermiere ceche, ma so che hanno alzato la voce le cuoche russe con le ceche, o forse era il contrario, o c’entravano le moldave invidiose delle rumene, boh. Poco male, nessun ferito. E tuttavia io ho provato piacere ad ascoltare i loro discorsi, a immaginarne il contenuto e comunque intuire che attraverso la televisione loro sono finalmente esistite come persone, donne appartenenti a un paese che ha comunque saputo organizzare gli Europei in stadi per altro bellissimi, se paragonati ai nostri catorci. Di altro a loro non interessava, ma avevano gli occhi lucidi quando pensavano a Kiev o a Varsavia.

Viva il calcio che affratella e (nel caso specifico) assorella. Però non esageriamo, come dice il mio amico Gaspare Ambrogio Candiani (detto Frizer, ma si pronuncia Friser), non esageriamo, perché queste qui (le badanti) ci inquinano l’ambiente, ci rovinano le famiglie, ci uccidono il tifo. Strano discorso il suo per un padano doc, leghista della prima ora, che è stato persino scaricato da un’albanese (ma, lui assicura, “ma l’è mei un’albanesa d’una calabresa, ostia!”). La faccio breve. In pratica il Frizer si è incazzato perché le badanti hanno preteso di vedere le partite alla TV, e hanno ostentato un tifo rumoroso e hanno coinvolto i loro datori di lavoro, in primis i vecchietti semirincoglioniti (parole del Frizer, absit iniuria verbis) che accudiscono quotidianamente. Sembra che abbiano visto insieme le partite con bandierine e cappellini di carta giunti via corriera dal paesello, e che anche i nonnetti sdentati abbiano incitato a tutta voce (si fa per dire) Ukraina, Ukraina! Speriamo, diceva lui, che questi qui (Sheva & Comp.) tornino presto a cà sua perché l’è l’ura de la racolta del grano e qui ci hanno già mangiato la grana, che ci lascino in pace, noi e i nostri veci padani, che noi abbiamo fatto la guerra contro queli là, ostia! È stato presto accontentato, ciao ragazzi ciao!

Il solito razzista il Frizer, non c’è dubbio. Ma provate voi ad andare dal vostro vecchio novantenne che vi aspetta con bandierina e qualsiasi cosa gli diciate vi risponde “Quando gioca ancora Kraìna?" Provate voi, provate! Bossi, Maroni, pensateci voi, Kraìna!

Alb