Dino Buzzati, interno fantastico

Boccaccio era il portiere
di Silvano Calzini

Centrocampista atipico, per natura rifuggiva dalle giocate spettacolari, ma era capace di “inventare” calcio come pochi. Giocatore lineare e schematico, a prima vista dava l’idea di essere solo un ragioniere del centrocampo, ma all’improvviso tirava fuori dal cilindro magici e fantastici assist, il più delle volte non capiti dai compagni.

Approdato giovanissimo nella grande squadra nella quale poi ha svolto tutta la sua carriera, era stimato per la serietà professionale e per la esemplare correttezza in campo, ma poco amato per il suo carattere riservato. Proprio per quella sua aria ingenua e disarmata qualcuno lo aveva addirittura soprannominato “cretinetti”, ma chi se ne intendeva di calcio lo ha sempre paragonato, forse anche troppo, al leggendario Franz Kafka del Dukla Praga per il fisico asciutto e la illuminante visione di gioco. Dotato di un’eleganza naturale nei movimenti, quando calciava era capace di dare al pallone effetti straordinari, e per molti versi misteriosi.

Era inconfondibile anche per il vezzo di giocare indossando sempre una cravatta nera. Come ogni vero fuoriclasse, Buzzati aveva un’idea romantica del calcio e pensava che una partita non avesse mai fine. Forse anche per questo al triplice fischio finale dell’arbitro aveva l’abitudine di restare in campo, aspettare che spegnessero tutte le luci e scrutare l’orizzonte in attesa di non si sa bene che cosa. Amava molto i ritiri precampionato sulle Dolomiti e durante la stagione era solito andare ad allenarsi, da solo o in compagnia di qualche giovane tifosa, al cimitero Monumentale di Milano.
(2012)