Claudio Caniggia

Ritratti

A un tipo come Claudio Paul Caniggia, classe 1967, nessuno presenterebbe la sorella, eppure dall'85 a oggi molti si sono presentati a lui: River Plate, Atalanta, Roma, Benfica, Boca Juniors, fino al Dundee, in Scozia, dove, ben pettinato e truccato, esercita il mestiere più antico del mondo. Tutti sedotti dal suo fantasmagorico "do di piede", la "Caniggia", in cui atletica e pelota copulano in modo forsennato. Incredibile. Gli sono sempre piaciuti i night e ogni tipo di prodotto ivi smerciato, ha una moglie esigente quanto a vita pubblica e - si dice - privata, presenta lo sviluppo toracico di una cinciallegra eppure possiede riserve di fiato alla Enzo Maiorca e uno sprint cruento.
Ala ambivalente, Claudio dà il meglio quando lo sistemano sul binario sinistro: semaforo verde, parte la "Caniggia". Trattasi di fuga rettilinea sull'out e il binario non è un modo di dire; l'uomo fa "tuu-tuu" e scheggia dritto in avanti con oscillazioni laterali impercettibili, tipo Pendolino. Dalla metà prato in su, alta velocità costante, avversario superato in tromba senza bisogno del dribbling (una volta l'ha cercato dappertutto facendo finta di averlo perso, in realtà non l'ha mai avuto), il fondocampo che si avvicina, tuu tuu, eccolo, è lì. E sulla Caniggia cala il sipario: non sono previsti cross, retropassaggi o altre frivolezze, Claudio si riavvia smarrito i lunghi capelli ossigenati da entraineuse, guarda la palla che ha tagliato il traguardo della linea bianca prima di lui, rimprovera un compagno (è un vero uomo-squadra) e si rimette in posizione, cinquanta metri dietro.
Ha segnato un gol decisivo all'Italia, Mondiali '90. Di testa. It's fatality.

Andrea Aloi, Do di piede