Rapid Roth e la leggenda del santo calciatore

Boccaccio era il portiere
di Silvano Calzini

Uno degli ultimi fuoriclasse della grande scuola danubiana, sconfitta e perduta per sempre.  Cresciuto calcisticamente in un piccolo club della Galizia, è poi approdato al Rapid Vienna e alla nazionale austriaca, il leggendario “Wunderteam”. Elegante palleggiatore e con uno scatto bruciante, Joseph Roth visse stagioni magiche nella capitale austriaca. In quel periodo a Vienna si respirava un’aria incredibile e lui in campo dava spettacolo; poi appena finiva la partita via di corsa in qualche locale a mangiare wurstel e crauti fumanti serviti da bionde kellerine. Era la Felix Austria. Poi il tramonto di un’epoca, di un mondo, di un Impero e quel che è peggio della scuola danubiana. Era la Finis Austriae.

Gli anni d’oro di Roth finiscono lì. Incapace di accettare la nuova realtà, dopo un ultimo pellegrinaggio spirituale alla Cripta dei cappuccini e allo stadio del Prater, Roth cominciò a vagabondare per l’Europa, raccattando ingaggi prima a Berlino, poi in Olanda, in seguito a Nizza per approdare infine a Parigi, ultima stazione di questa sorta di via crucis calcistico-spirituale. Ma era uno sradicato. Solo a Vienna si sentiva un vero calciatore e non riusciva a sopportare la fine del calcio austriaco, di cui amava in modo spasmodico pregi e virtù, ma anche errori e difetti, mentre invece detestava con tutte le sue forze il calcio moderno basato sulla forza atletica, che lui considerava disumano.

Gli ultimi anni parigini furono un lungo e tragico tramonto. Il fisico ormai appesantito, lo sguardo appannato, il suo leggendario scatto un lontano ricordo, il grande campione si esibiva in squallidi campetti di periferia e annegava le sue infinite nostalgie nei caffè a suon di pernod. Il 23 maggio del 1939 Joseph Roth stramazzò sul terreno di gioco nel cerchio del centrocampo e morì in una crisi di delirium tremens all’ospedale dei poveri.
(2012)